Il racconto e la sua nobile autosufficienza
Di Primo Levi, «Vanadio», il gruppo “Un racconto” parlerà mercoledì 16 luglio alle 20:45 su Zoom. Le credenziali per partecipare
Dei racconti mi piace la loro compattezza, la loro invulnerabilità alle interpretazioni. Ovviamente possono essere interpretati, ma le interpretazioni non li scalfiscono. Possiamo accanirci, possono accanirsi i critici, anche i più testardi, ma conservano una loro nobile autosufficienza.
Sono aperti alle riletture, quante riletture si vogliono fare. Sono soggetti alle letture di traverso, attraverso le biografie degli autori. Ma l'ultima parola spetta ai racconti. Il testo dei racconti è l'unica certezza che abbiamo. Mettono nelle mani dei lettori quello che dicono. Fatene quel che ne volete. Ma non cercate altrove: quel che vogliamo dire è dentro di noi: questo ci chiedono, nient'altro.
Milan Kundera in I Testamenti traditi (Adelphi) ci ha mostrato quanto ridicole si siano dimostrate le interpretazioni forzate di quel capolavoro del non detto che è Hills Like White Elephants di Ernest Hemingway. E poi c'è Kafka, i cui racconti, forse ancor più dei romanzi, sono opere talmente dense che dovremmo stare anni e anni a rileggerli, probabilmente senza trovare mai quiete, senza un punto fermo. Salvo la consapevolezza che tutto quel che c’è, che non afferreremo mai del tutto, sta lì dentro, nelle parole dei racconti, non nelle parole scritte fuori da altri.
Così, leggendo Primo Levi, Vanadio, in Il sistema periodico (Einaudi, 1975), ho pensato che proprio dovremmo rispettare quel che Levi ha scritto dentro il racconto, fare molta attenzione prima di tutto e soprattutto alle sue parole che danno forma alla storia. Per esempio, è enigmatico e non proprio definito, è ambivalente, il sentimento del narratore nei confronti di Müller. Il "grigio" chimico tedesco in fondo è una incarnazione, con nome e cognome e occhi e voce, e decisioni prese e soprattutto non prese, di quell'umanità che sta nella Zona grigia. In I sommersi e i salvati (1986), un intero capitolo, il più difficile da affrontare per la nostra morale contemporanea (in fondo grigia anch'essa, no? Che abbiamo fatto durante le guerre jugoslave, in Ruanda, o a Gaza?), è proprio dedicato a questo universo.
Però il giudizio del narratore di Vanadio nei confronti di Müller sta solo nelle parole del racconto, nelle lacune del racconto, non altrove. Coincide con quanto Levi ha scritto in Sommersi e salvati? E con quanto ha scritto nelle sue lettere?. Difficile dirlo con monolitica certezza. Ma anche questa incertezza è parte del racconto, del fascino del racconto.
E che dire del gioco fra verità fattuale e finzione narrativa che Levi usa magistralmente per darci una short story che toglie la storia dal caos, per fornirle una forma, che poi è il gioco dell'arte dello scrittore?
Di Primo Levi, Vanadio, il gruppo “Un racconto” parlerà mercoledì 16 luglio alle 20:45 su Zoom. Queste le credenziali per partecipare:
https://us06web.zoom.us/j/88200055336?pwd=aLuv7LzKeiq7oW9SmLoxBASOVX6Z69.1
ID riunione: 882 0005 5336
Codice d’accesso: 504844
Come sempre l'incontro è aperto a tutti.
L’immagine di Primo Levi è da Wikipedia